Le prime
testimonianze iconografiche della "presenza" del gatto nella vita di tutti i giorni
dell'uomo risalgono alla civiltà egizia. Presso questa civiltà il
gatto ha vissuto momenti di magico splendore, che purtroppo ha scontato in epoche
successive. Non solo era ben accetto dagli Egiziani, ma questo popolo lo idolatrava.
Era ritenuto talmente prezioso che ne era vietata persino l'esportazione, anche
quando, sotto la guida dei faraoni Sesostri III e Thutmose III, l'Egitto estese
i suoi domini in altri Paesi. La sorveglianza alla frontiera era severissima:
per chi tentava di esportare un gatto era prevista la pena di morte. Grazie alle
raffigurazioni di "scene di vita quotidiana", di cui l'uomo era capace, abbiamo
potuto conoscere aspetti interessanti per quanto riguarda la diffusione del gatto
in altre Nazioni. Testimonianza della presenza del gatto in Palestina e nell'isola
di Creta ci è data dal ritrovamento di una terracotta (materiale che all'epoca
veniva utilizzato per disegnare), datata 1100 a.C., raffigurante un gatto abbozzato
con molta finezza e abilità. Nei dipinti funerari egizi risalenti al 1400
a.C. gli artisti ufficiali, vincolati da strette regole di corte, non potevano
omettere dalle loro opere l'idolatrato gatto, vero oggetto di culto. Bisognerà
attendere secoli prima che il gatto trovi ancora spazio nelle arti figurative.
Nel Trittico fiammingo del celebre Hieronymus Bosch, del XVII secolo, che illustra
il Paradiso terrestre, la vita terrena e il Giudizio Universale, il gatto è
ritratto di spalle mentre, imperterrito, si allontana con in bocca una preda inserito
in un contesto di animali accanto alle figure di Dio, Adamo ed Eva. Contrariamente
agli altri animali, che sembrano partecipare più intensamente alle vicende
umane, al gatto viene riconosciuto l'atteggiamento di totale indifferenza. Lo
ritroviamo nella parte centrale del Trittico, dove la vita terrestre è
raffigurata come una grande giostra in cui tutte le creature girano: il gatto
è una tra le creature più grandi che compaiono nel dipinto ed è
visibilissimo perché in primo piano e perché colorato "fantasticamente"
di un blu vivacissimo. Poco reale, oltre al colore, è la sua compiacenza
nel portare in groppa una figura umana.
Negli anni bui del Medio Evo
il gatto conobbe l'accusa di essere traditore, amico del Maligno e fu per questo
perseguitata. La cattiva fama lo accompagnò a lungo, dato che divenne simbolo
del più alto tradimento e nelle rappresentazioni religiose fu sempre affiancato
a Giuda. Nelle numerose rappresentazioni dell'Ultima Cena, che furono soggetto
di molti capolavori, il gatto compare per mano di vari artisti "sempre" vicino
al traditore per eccellenza, diventando così simbolo del più ignobile
tra i peccati. Accovacciato sotto la sedia di Giuda, durante l'Ultima Cena, lo
ritrae Jacopo da Ponte detto il Bassano, artista del Cinquecento: del dipinto
colpisce la concretezza dei volti scavati degli apostoli, i muscoli vigorosi,
le possenti immagini degli apostoli che si accalcano attorno al Cristo. L'Ultima
Cena di Paolo Veronese (1528-1588) dovette cambiare titolo in La cena in
casa Levi a causa delle accuse mosse contro l'artista per aver introdotto
nel dipinto figure ed elementi del tutto estranei al tema evangelico: splendidamente
ritratto il nostro amico gatto è ovviamente collocato anche dal Veronese
sotto la sedia di Giuda. Dello stesso autore è La cena in casa di Simone,
dove un vistoso gatto a pancia all'aria gioca allegramente con due grossi cani,
per nulla intimorito dalla sproporzione fisica, sotto gli occhi dei convenuti…
scena di vita quotidiana, a testimonianza di come il gatto fosse ormai entrato
a far parte della vita domestica.
Quasi a volerne sostenere la forza e le
capacità tattiche lo ritroviamo accovacciato in un simbolico abbraccio
col Guerriero in armatura, particolare dei Proverbi di Pieter Bruegel il
Vecchio (1559). La natura poco incline ai condizionamenti del gatto deve aver
colpito Frans Pourbus il Vecchio, perché nel suo Orfeo che incanta gli
animali solo il micio non si lascia attrarre dalla lira melodiosa: appare
infatti intento a stiracchiarsi, dunque in movimento, in contrasto alla staticità
di tutti gli altri animali che si sono lasciati incantare da Orfeo.
La personalità
multiforme di questo animale affascinante e misterioso non smette di stupire,
ma la caratteristica che più veniva notata all'epoca fu senza dubbio quella
della composta indifferenza del gatto a tutto quanto sia "eccessivo movimento".
Quante volte, ancora oggi, siamo sconcertati di fronte al suo occhio sempre vigile
ed attento che non si lascia però coinvolgere troppo da quello che lo circonda?.
Chi ha vissuto con un gatto sa bene cosa ci voglia prima di riuscire a smuoverlo
dalle sue pennichelle! Così probabilmente dovette sembrare anche a Francesco
Bassano (1580) quando dipinse L'entrata dell'arca. Il gatto non poteva
certo essere escluso da Noè, tra le coppie di animali da salvare, ma contrariamente
alle altre specie che si accalcano per salire sull'Arca, contagiate dalla drammaticità
del momento, il sornione attende pacificamente il suo turno con aria di sufficienza.
Negli studi di Leonardo, di cui è nota la curiosità in tema di anatomia,
il gatto non poteva certamente mancare come soggetto.
Nel XVII secolo,
epoca decisamente improntata, in tema di pittura, a ritratti di ispirazione realistica,
il fiammingo David Teniers il Giovane (1610-1690) nel quadro Il re beve,
in mezzo ad una moltitudine di gente in festa per l'importante visita, ritrae
il gatto accovacciato sotto proprio la sedia del re, quasi a voler sottolineare
la regalità dei suoi atteggiamenti. In Natura morta con cane e gatto
di Jan Fyt (1611-1661), il gatto compare in compagnia di un cane, a sorvegliare
l'appena cacciata selvaggina posta ancora sanguinante su un tavolo.
La pittura
fiamminga ha dedicato molto spazio al nostro beniamino ed era anche particolarmente
attenta e precisa a coglierne molto realisticamente atteggiamenti ed espressioni:
fedelissimo alla reale immagine del gatto in atteggiamento di minaccia è
il ritratto di due gatti intenti a sfidare un dispettosa scimmia che si prende
gioco di loro in un quadro fiammingo del XVII secolo di autore sconosciuto.
Il XVIII secolo cerca nella realtà gli aspetti più umili e
degradati, ispirandosi all'umanità miserabile. Del veneto Giacomo Ceruti
è I due pitocchi, così erano soprannominati all'epoca i barboni,
a causa della loro infestazione da pidocchi, appunto. Uno dei "pitocchi" raffigurati
ad un tavolo a bere allegramente tiene in braccio un gattino, per nulla preoccupato
di far parte di una realtà così miserabile.
Di sfondo a vicende
umane ma sempre poco partecipe, quasi soggetto ornamentale che pare riportare
dignità ai poco dignitosi atteggiamenti umani, un gatto indifferente, seduto
in disparte, si intravede tra la donna che riceve La lettera segreta e
il portatore nell'omonimo dipinto di Gaspare Traversi (1732-1769).
A cavallo
tra il XVIII e XIX secolo il celebre Francisco Goya, (1746-1828) ritrae Don
Manuel Osorio De Zuniga ragazzino intento a giocare con una gazza. Da dietro
le sue spalle tre gatti con gli occhi spalancati seguono la scena. Anche qui colpisce
la fedeltà delle immagini: per raffigurare i gatti così abilmente
bisogna esserne stati acuti osservatori, segno che anche in epoche diverse il
gatto ha sempre attirato l'attenzione.
Più moderna è l'associazione
donna-gatto: nel dipinto di Telemaco Signorini (1835-1901) intitolato La toilette
del mattino chi meglio di un gatto può osservare e "consigliare" in
tema di seduttività un gruppo di donne intente a rendersi provocanti e
seducenti?
"Da dove veniamo, chi siamo e dove andremo?", sono gli interrogativi
dell'uomo e Paul Gauguin (1848-1907) ritrae mirabilmente gli esseri umani immobili
perché assorti in questi pensieri… il gatto è presente ma, a ribadire
la sua superiorità alle miserevoli condizioni umane afflitte da temi esistenziali,
appare l'unica figura in movimento, intento a bere in una ciotola, preoccupato
cioè di campare giorno per giorno. Che sia un suggerimento valido per uscire
dall'immobilismo cui conducono certi pensieri? Ancora come esempio di seduttività
e sensualità lo vediamo ritratto accanto a nudi di donne in Donne con
gatti che giocano di Felix Vallotton (1865-1925).
Ormai sfondato il muro
della censura si può apertamente dire che in materia di seduzione il gatto
è davvero un maestro.
Bonnard, specializzato in nudi femminili, ha
ritenuto di mettere i gatti in primo piano nei suoi tenui dipinti, per aggiungerci
un po' della bellezza sensuale del felino. Rousseau il Doganiere ha collegato,
grazie al gatto, la semplicità al mistero: è quello che senza dubbio
ha convito Pierre Loti a posare per lui con una delle sue "Moumottes-chattes".
Foujita, Picabia, Jacques Nam, Dalì e Chagall sono stati anche loro sedotti
dai gatti. Lo stesso Picasso non ha potuto evitare di presentarne uno, tutto occupato
ad assaporare un volatile, con le unghie ed i denti bene esposti. Oggi, l'amore
per i gatti di Léonor Fini è tale che assicura in modo assai divertente:
"Quando sono in collera con qualcuno, gli dico miau!" I suoi gatti sembrano sfuggiti
da qualche "paradiso artificiale", la grazia felina serve a mettere bene in evidenza
un erotismo senza perversità.
Chissà perché gli
umili compagni di viaggio nella navigazione del Mercante di pellicce lungo
il Missouri sono il rematore ed un gatto nero legato all'imbarcazione, la
cui immagine appare anche riflessa nell'acqua? La domanda nasce osservando il
quadro realizzato da George Kaleb Bingham (1811-1879). Per uscire dall'Arca gli
animali salvati da Noè dovettero aspettare il 1864 data in cui il pittore
Filippo Panizzi eseguì il pittoresco evento. Nell'Uscita dall'arca
la coppia di gatti non ha però conservato l'impassibilità dell'entrata
e qui appare ritratta spaventata ed in movimento precipitoso verso l'esterno.
Forse, per la sua natura solitaria e poco amante della confusione e del rumore,
la lunga convivenza con tutti gli altri animali in uno spazio così ristretto
ha messo a dura prova la sua tolleranza.
Celebre è l'Olympia
di Eduard Manet (1865), dove le due figure, la donna e il gatto nero comodamente
sdraiato ai suoi piedi, vengono ritratte al risveglio, entrambe sorprese a stiracchiarsi.
Cane, gatto e volpe, dai colori accesissimi si sprigionano queste tre figure
deformate da pennellate circolari… ma il gatto si distingue perché eretto,
fermo ed impassibile nella sua posizione più tipica: l'autore, Franz Marc
(1910), ne ha colto l'essenza.
Realissimo l'atteggiamento premuroso di mamma
gatta che allatta i suoi piccoli nel dipinto Gatti di Armando Spadini (1920)
probabilmente attratto dalla tenerezza del soggetto, mentre il quadro di F. Desnos
Gatti sotto l'ombrello rosso, dai vivaci colori resi più contrastanti
da due gatti bianchi ed uno nero e dalle sagome perfettamente stilizzate è
stato utilizzato dall'editore Bompiani per la copertina del Libro dei gatti
tuttofare di T. S. Eliot.
Arriviamo così ai giorni nostri
con Dino Buzzati, che oltre alle numerose opere letterarie ci ha lasciato due
meravigliosi dipinti dedicati appunto al gatto, animale molto amato dal celebre
scrittore: La signora gatta (scherzosa costruzione di una figura con faccia
da donna e corpo da gatto) e Gatto siamese sul tappeto (mentre è
intento nella sua toeletta) sono i titoli.
Passeranno alla storia grazie ai
gatti Kathia Berger e la slovena Liuba Stolfa? La prima per un bellissimo acquerello
dai colori "che calmano le ansie" come il soggetto (il gatto) dal folto pelo turchino
e dagli occhi color agata comodamente acciambellato vicina ad una finestra che
si apre su una vista paesaggistica dal titolo Bodo con la vista della baia.
La seconda con una serie di dipinti a olio su vetro rappresentanti feste slovene
e fantastiche fiabe nelle quali spesso il gatto è protagonista e "s'inserisce
in un mondo fiabesco e fantastico grazie alla prepotenza dei suoi caratteri".